La nostra storia

 

Nel primo decennio del secolo scorso, l'opera di evangelizzazione, che i Valdesi da circa trent'anni svolgevano nella capitale, si mostrava cosi promettente da indurre l'allora presidente del Comitato di Evangelizzazione, Arturo Muston, a cercare fondi per la costruzione di un complesso sociale-religioso capace di assolvere in modo soddisfacente le molteplici e disparate funzioni necessarie ad un felice svolgimento dell'opera.
Nel 1910, grazie al generoso interesse di Mrs. Stewart Kennedy, fu possibile acquistare un terreno e bandire il concorso per la costruzione. Gran cura si ebbe nella scelta del lotto di terreno che, non molto vasto, univa però l'utilità di trovarsi in una zona di recente sviluppo urbanistico, bisognosa quindi di adeguati servizi, alla simbolica vicinanza con la Basilica di S. Pietro e di Castel S. Angelo, dove nel 1560 morì sul rogo come eretico il pastore Gian Luigi Pascale. Con molta passione ed accortezza si lavorò dunque alla stesura definitiva del progetto prescelto, curando particolarmente il fronte verso piazza Cavour, il cui primitivo impianto romanico subì notevoli e decisivi cambiamenti; né si trascurò, fatto del tutto nuovo al protestantesimo italiano, lo studio della decorazione degli interni.

Gli evangelici, rompendo una tradizione nata come reazione all'abuso di decorazioni, capace di destare nei fedeli forme eccessive di religiosità, tornavano ad esprimere la loro fede con il linguaggio artistico, imitando anche in questo i cristiani dei primi secoli, per i quali "semplicità non fu sinonimo di abolizione o di disprezzo dell'arte" (L. Paschetto). Il gusto dell'epoca e le finalità dell'opera non furono del tutto estranei a questa nuova impostazione che si andava maturando e che tuttavia suscitava notevoli clamori, tanto che, mentre vi lavoravano ancora artisti ed operai, la stampa ne aveva parlato scorgendo nel sorgere dell'edificio non un semplice fatto di cronaca interna per le chiese evangeliche, ma un avvenimento per tutta la nazione: simbolo del notevole mutamento che stava avvenendo nel campo del protestantesimo italiano sia nei rapporti con l'arte cristiana, sia più genericamente nell'indirizzo dell'azione evangelica.

 

Dopo tre anni di lavori, domenica 8 febbraio 1914, mentre l'euforia per la nuova opera pervadeva i protestanti italiani, il grande tempio fu ufficialmente inaugurato dal moderatore Bartolomeo Leger, dai pastori Giovanni Luzzi e Arturo Muston, alla presenza degli Ambasciatori di Svezia, Olanda e Danimarca, di alcuni Senatori e Deputati e di una vastissima folla di partecipanti.

Il complesso, costruito su progetti dell'architetto Paolo Bonci in un'area di circa 1500 mq, comprendeva all'origine, oltre al tempio, una sala polifunzionale, diverse salette e locali di servizio, un palestra ed alcuni appartamenti di reddito per il sovvenzionamento dell'opera. Per assecondare la pluralità di esigenze cui si doveva rispondere, assicurando un adeguato e razionale impiego delle superfici, la struttura portante dell'edificio venne realizzata, su progetto dell'ingegnere Emanuele Rutelli, con l'allora innovativa tecnica del cemento armato, dalla premiatissima Societa Porcheddu di Torino.

Il tempio, sempre sottolineando il legame ideale fra evangelici e protocristiani, si ispira liberamente, nell'architettura come nella decorazione eseguita da Paolo Paschetto, alle basiliche paleocristiane, di cui conserva fondamentalmente la pianta ed alcuni tratti architettonici salienti dietro cui si rivelano, segno dei tempi, motivi di chiara ascendenza liberty.

Sempre su cartoni del Paschetto (visibili nel Museo della Casina delle Civette a villa Torlonia) vennero realizzate dal maestro Cesare Picchiarini le vetrate, che per il valore di testimonianza ed insegnamento loro attribuito dall'autore, secondo l'uso antico, rappresentano il vero fulcro di tutta la decorazione, in cui l'atmosfera creata dai giochi floreali delle alte trifore sostiene lo svelarsi attraverso i simboli biblici del ricco contenuto della fede.

Gli arredi, anch'essi curati dal Paschetto, furono realizzati da diversi artisti: il professore Augelli di Pietrasanta scolpì il fonte battesimale, L. Zalaffi di Siena forgiò i lampadari, i Corsini di Siena eseguirono la tavola ed il pulpito, i cui bassorilievi riproducono il monogramma cristiano ed i volti dei riformatori: Arnaldo da Brescia, Lutero, Calvino e Savonarola.

L'organo, un sistema pneumatico tubolare, fra le ultime opere del celebre Carlo Vegezzi Bossi, è un complesso di oltre 2300 canne, in cui, grazie ad una gamma di registri sonori più tutte le combinazioni meccaniche in uso a quei tempi, convivono intonazione classica e sinfonica. Questo strumento viene ritenuto a tutt'oggi uno dei migliori della capitale.